Quando inizia un nuovo campionato, solitamente vanno trovati nuovi stimoli rispetto a quelli precedenti con la stessa guida tecnica, e questi stimoli possono venire o dall’inserimento di un discreto numero di nuovi calciatori o da un nuovo assetto tattico.
Insistere sulla vecchie motivazioni e sugli antichi dettami tattici può essere un vantaggio, togliendo il periodo di apprendistato, ma certamente si tende ad un appiattimento delle prestazioni con conseguente appagamento di alcuni interpreti, venendo di conseguenza meno quella sana tensione agonistica necessaria per fare delle prestazioni importanti con relativi risultati sul campo.
Il primo Bologna di Mihajlovic aveva quella trance agonistica che in certi frangenti diventava vera e propria ferocia, e che permetteva ai suoi uomini di fornire prestazioni al di sopra delle proprie qualità, tenendo testa a squadre molto più forti e asfaltando quelle di pari livello.
L’anno scorso, vuoi per le vicissitudini del mister, vuoi per altri motivi, tale ferocia è comparsa solo a sprazzi: a volte per recuperare partite che sembravano già perse, altre per inerzia, ma raramente con quella continuità che si era invece vista nella parentesi di 17 partite sotto la guida di Sinisa nella stagione 2018-2019.
Questa lunga premessa è necessaria per chiarire un concetto: il calcio che richiede Mihajlovic è molto coraggioso, spavaldo, al limite del presuntuoso (nell’accezione migliore del termine), fatto di pressione alta e costante, di marcature preventive a tutto campo dispendiose da un punto di vista fisico e psicologico, perché occorre tenere sempre alto il livello di concentrazione, diversamente da un tipo di atteggiamento più conservativo in cui ti rifugi nella difesa di reparto.
Se non trascinato da una sana ferocia agonistica, questo atteggiamento diventa pericolosissimo, perché difendere così ti espone in continuazione a ripartenze in campo aperto (in parità numerica quando va bene) e a subire una quantità di gol anche apparentemente a difesa schierata, come il primo di ieri sera: dov’era Tomiyasu? Uscito in fascia per chiudere su un cattivo allineamento difensivo dopo un giro-palla continuato del Milan, saltato per cattiva disposizione di un centrocampo sempre in pressione e mai in comfort zone.
Anche ieri sera la solita partenza di un Bologna iper aggressivo, con quasi tutti gli uomini nella metà campo avversaria a pressare (clamoroso vedere Tomiyasu solo contro Ibra nel cerchio di centrocampo), tanto da costringere i rossoneri a difendersi ad oltranza, ma il tutto ha generato solo un tiro pericoloso di Soriano al primo minuto e poco altro.
Poi la squadra si è lentamente spenta e il Milan ha cominciato a macinare gioco dall’alto della sua superiorità fisica e tecnica, e i rossoblù hanno iniziato a faticare nel portare il pressing iniziale per poi cadere nei soliti errori di una squadra che si ammazza da sola: perdendo Ibra in area su un cross di Hernandez bello ma leggibile, causando un rigore del tutto inutile visto la posizione non pericolosa dell’avversario in possesso palla, e infine restando in dieci uomini per un’espulsione del tutto inutile a partita praticamente conclusa (che ci obbligherà già alla seconda di campionato ad una sostituzione complicata).
Insomma, niente di nuovo da un punto di vista tattico, niente di nuovo da un punto di vista motivazionale, e intatti niente di nuovo da ciò che il campo ha prodotto: un 2-0 perentorio che poteva essere 3-1 o 4-2, ma che non avrebbe cambiato il significato di quanto scritto.
Non è certamente un’accusa al gioco di Mihajlovic, che anzi ritengo ancora il valore aggiunto di una rosa molto ‘normale’, ma il tecnico serbo o ritrova quelle motivazioni che aveva trasmesso così bene al gruppo appena insediatosi sulla panchina rossoblù, oppure apporta qualche correttivo ad un modo di interpretare un calcio che altrimenti contro le big è un suicidio tattico annunciato, e contro le pari grado non garantisce la certezza di vincere, come visto nel finale di campionato scorso ma anche nelle gare prima del lockdown, dove siamo andati in difficoltà con Torino, Fiorentina, Genoa e Udinese.
La rosa ha evidenti limiti in fatto di fisicità: manca peso specifico e corsa soprattutto nei due di centrocampo, e anche gli assenti Medel e Poli potranno migliorare un po’ l’aspetto della forza fisica ma non nella corsa. Il fatto di avere a disposizione un buon numero di calciatori in mediana non vuol dire avere tutte le caratteristiche necessarie: secondo il mio parere i problemi del Bologna arrivano proprio da lì e, visto che i dirigenti hanno pensato di non mettere mano in quel reparto, presumo che si attendano una crescita importante dei ragazzi che compongono quel reparto. Me lo auguro.
Regge poco anche il discorso dell’età: il Milan schierava due giocatori nati uno nel 1996 (Kessie) e uno nel 1997 (Bennacer), noi un ’97 e un ’98: non vedo questa grande differenza, così come negli altri ruoli. I rossoneri, inoltre, avevano solo due giocatori nati negli anni Ottanta, diciamo così, e gli altri tutti dal 1993 in poi. Insomma, più giovane il Milan del Bologna.
La squadra giovane è il classico specchietto per le allodole che a me non ha mai convinto, pur credendo tantissimo nella politica che ha deciso di intraprendere il club rossoblù, ma questa non deve essere la scusante per delle sconfitte e per una squadra chiamata a (ri)trovare equilibri persi già durante lo scorso campionato, che osservato ora sembra il prologo di questo.
Niente di allarmante, ma sicuramente c’è meditarci su. Non tanto per la sconfitta in sé, quanto per la prestazione, che mi è sembrata in linea con quelle dell’appendice della passata stagione, tutt’altro che esaltanti.
Tosco
Foto: Imago Images