Ancora una buona partita del Bologna e ancora una sconfitta, che fa aumentare di numero quella già nutrita maggioranza che pensa che così non si vada da nessuna parte, seguendo il dogma del dio risultato. Ma quando la maggioranza si fossilizza su una cosa, spesso non ci troviamo davanti ad una grande pensata.
Io che (s)fortunatamente sono sempre e solo d’accordo con le minoranze, sostengo da tempo che i problemi del Bologna non risiedano nella qualità dei difensori, bensì che derivino da un assetto di gioco tale da necessitare di una mediana diversa, mentre la nostra è evanescente: il seppur bravino Schouten non possiede le dovute caratteristiche per fare quel mestiere lì.
Ma oggi non si possono apportare eventuali modifiche, stanti gli infortuni di Medel e Poli, e allora giusto far accumulare minuti d’esperienza all’olandese e a Svanberg che, al contrario del primo, dà segnali di crescita evidenti (oltre che di accanimento della sfiga, visto che con quello di ieri sera siamo a quattro gol annullati da quando gioca in A: un altro record raggiunto dai rossoblù).
Il nostro mister continua a sottolineare come la squadra subisca sempre gol in parità numerica e per colpa di gravi errori individuali, cosa che all’apparenza può anche sembrare giusta ma nella realtà meno: chiaro il messaggio che vuole far arrivare ai suoi ragazzi, e cioè quello di non scoraggiarsi e di proseguire con questa mentalità. Se affermasse che il problema è di reparto o di assetto, ammetterebbe la poca bontà del proprio lavoro, cosa impossibile per chi fa un mestiere così complicato in cui l’autostima non deve mai venire meno.
Per turare la falla del subire sempre gol bisognerebbe essere in superiorità numerica nell’ultima porzione di campo, dove invece i felsinei si trovano a dover affrontare dei continui e pericolosi uno contro contro a tutto campo, dispendiosi sia fisicamente che mentalmente (non potendo mai affidarsi all’aiuto di un compagno), oppure a dover assorbire inserimenti di avversari completamente liberi dal pressing saltato.
Se guardate bene l’azione del primo gol incassato ieri (dal momento in cui si sviluppa l’attacco poi svanito dei rossoblù), la difesa è completamente disordinata: De Silvestri fuori posizione, obbligato ad andare sull’esterno in quanto i quattro attaccanti del Bologna stanno pressando i tre (!) centrali della Lazio (immagini 1 e 2), e saltato insieme a Schouten da una giocata di Luis Alberto (immagine 3); Danilo che, pressato, poteva mettere il pallone in fallo laterale o allungarla dietro al portiere (immagine 4) e invece prova a giocarla, commettendo sì un errore evidente ma di concetto: la palla si gioca! Già visto altre volte un errore del genere, ad esempio contro la Juventus l’anno scorso, con Soriano che appoggia proprio su Danilo sbagliando e favorendo Pjanic.
Provate ad osservare com’è sistemata la linea difensiva del Bologna (immagine 5) nel momento in cui Luis Alberto ruba palla: non è allineata, non è a tre e non è quattro, è ‘indefinibile’ e non ha copertura pur mettendo in preventivo l’errore. Eravamo quattro contro tre all’inizio della fase di pressing (superiorità numerica), ci troviamo due contro tre a fine azione (inferiorità numerica).
Se avesse voluto attuare una fase difensiva ‘canonica’, Sinisa non avrebbe dovuto chiedere a Orsolini di alzarsi in pressione sul centrale Acerbi, ma temporeggiare (ed eventulamente obbligare la Lazio al giropalla difensivo). De Silvestri, di conseguenza, avrebbe potuto occuparsi della fascia di competenza stando più basso, e Danilo coprire la profondità alle sue spalle, con la parità numerica sull’eventuale giocata in profondità (grazie alla presenza di Tomiyasu ed Hickey): in poche parole non sarebbe questo Bologna, ma neanche quello dei 30 punti in 17 partite. Già, perché la nostra è una squadra di sistema, cioè ha un modo chiaro e inequivocabile di giocare che purtroppo non prevede una fase difensiva più coperta, con più calciatori.
Ma il Bologna si ‘disordina’ proprio dall’azione offensiva per arrivare con tanti uomini in zona tiro: la scomposizione offensiva che disordina giocoforza l’assetto è utile per scardinare le linee difensive avversarie, per manipolare la loro struttura tattica (e infatti i felsinei ci riescono, attaccando e tirando mediamente in porta più degli altri), e per rubare palla pressando: il pressing altissimo di Orsolini che ha poi determinato la reazione a catena di errori alle sue spalle è lo stesso tipo di pressione che domenica scorsa aveva portato alla riconquista del pallone su Locatelli e al gol del momentaneo 3-1.
Si chiamano mentalità e principi di gioco, e noi abbiamo quelli!
E quindi fa bene Mihajlovic ad insistere col suo credo: non si buttano mesi e mesi di lavoro per qualche partita in cui è mancato solo il risultato, vorrebbe dire perdere la faccia nei confronti del gruppo, ancora cosi convintamente attaccato ad una precisa idea di calcio d’attacco, coraggioso, mai speculare, e per questo spesso disordinato e scomposto. Tale atteggiamento ti fa perdere alcune partite ma te ne fa vincere molte altre, anche apparentemente impossibili (vedi quella contro l’Inter dello scorso campionato, in inferiorità numerica e con gol di un esordiente del 2001).
Poi, giocoforza, in sede d’analisi il mister sottolinea come gli errori siano solo individuali: certo, anche i sassi sanno che se vuoi limitare le sbavature devi dare più copertura (cioè superiorità numerica in fase difensiva), ma snatureresti il tuo gioco offensivo. È allora logico sottolineare l’errore individuale senza necessariamente colpevolizzare chi lo commette, perché anche ieri si è visto come prima o poi lo sbaglio sia nei piedi – o nelle mani – di tutti i calciatori rossoblù.
Quindi avanti pure, che oltre i soliti segnali di una manovra bella e mai banale si cominciano ad intravedere la crescita di alcuni elementi come Hickey e il già citato Svanberg, lo stato di grazia di Soriano (imprendibile, facendo ammonire tre avversari dopo averli saltati), un Orsolini più coinvolto a tutto campo e mediamente sfigato (perché la punizione che si stampa sulla traversa meritava miglior sorte), e anche un Barrow che sembra aver ritrovato una certa fluidità.
Menzione speciale per Santander, che se c’è da battagliare tira sempre fuori le sue qualità: bene averlo come arma tattica a gara in corso, ma concordo con Mihajlovic che dentro a questo Bologna, in situazione di normalità, non possa portare via il posto agli altri attaccanti.
Non mi dilungo su Mazzoleni, ieri sera al VAR, perché ho già i miei problemi e non vorrei aggiungerne altri: ricordo solo che, quando ancora arbitrava, sullo stesso campo vide un rigore inesistente a favore della Lazio per una chiara simulazione di Bastos. E qui mi fermo.
Tosco