Un Bologna agonizzante lancia segnali inquietanti solo in sala stampa attraverso le solite parole di Mihajlovic, il quale non si considera responsabile dello scempio visto nei primi 45 minuti.
Questa è la cronaca di un pomeriggio che mai mi sarei aspettato di vedere: una squadra che tracolla sotto ogni punto di vista, motivazionale, fisico, tattico e tecnico ed il suo allenatore che l’ abbandona.
Non sono a conoscenza delle strategie comunicative di Sinisa Mihajlovic, che sembra sempre più incartarsi attorno a quel tipo di narrazione già udita quando allenava il Milan e il Torino: ad un certo punto del suo percorso, sembra parlare da solo e probabilmente, viene ascoltato ad intermittenza, per intercettare se dice qualcosa di nuovo e non le solite sboronate o i vaneggiamenti su talpe e sciocchezze varie.
Si spiegano forse così un po’ di cose, perché da soli non si va da nessuna parte: senza l’appoggio dei giocatori, anche gli allenatori più bravi si perdono quando fisiologicamente hanno finito la loro carica emotiva e solo la compattezza del gruppo tutto, può tenere alto il livello delle prestazioni, degli allenamenti e delle partite.
Credo che Mihajlovic, smettendo di accampare alibi e ritrovando la serenità dei giorni migliori, potrà mettere mano alla squadra per ricostruire quella impalcatura che teneva in piedi il suo gioco, fatta di marcature a tutto campo, di verticalizzazioni continue e di resilienza: dire che manca l’aggressività è un ragionamento talmente banale (nei dilettanti si direbbe “tirare fuori i maroni”, roba da Bar dello Sport) che non mi aspetto da un allenatore che invece ha dimostrato non lustri fa, ma a febbraio 2019, di essere capace di ben altro.
Ritrovando quel punto di partenza poi si potrà veramente intuire ciò che manca a questo organico: gare e dichiarazioni come quella di ieri, non sono certamente utili a schiarirsi le idee, le confondono e basta, buttando dentro ad un tritatutto qualsiasi cosa e addossando colpe a chiunque, giocatori senza palle, dirigenti incapaci, presidenza assente.
Guida tecnica no?
Quelle nel caso vanno distribuite in base alle percentuali di responsabilità: se Sinisa è stato l’artefice di un miracolo nel 2019, tanto da meritarsi 4 anni di contratto onerosissimo, adesso di colpo non è diventato un inetto incapace di mettere in campo una squadra e forse le idee deve schiarirsele lui in prima persona.
Ma c’è un però: dove è finito quell’allenatore che quando arrivò la prima cosa che fece, fu quella di motivare e dare autostima ad un gruppo?
Oggi parla di salvezza (che di per sé è poi il vero obiettivo di almeno la metà delle squadre di serie A), ma la racconta come fosse un limite dei suoi ragazzi, in antitesi col messaggio di quando arrivò, dando invece loro la stigma di calciatori da salvezza e basta.
Non è proprio lo stesso messaggio, caro Sinisa!
Avanti allora, meno chiacchiere e più fatti: la mancanza di una punta non giustifica prestazioni come le ultime, goditi Bologna e la sua squadra, non vivere questa esperienza come una tappa della tua carriera, come trampolino per allenare nella tua Roma, vivila mettendoci dentro tutto quello che hai che non sono le chiacchiere da conferenza stampa utili solo a inquinare le acque e mettere pressioni errate.
Il mercato e le eventuali carenze di organico sono tutte riflessioni da riunione coi dirigenti, dove nel caso farsi sentire per davvero, mettendo a rischio anche lo stipendio, non da conferenze stampa pre o post partita.
Se solo ritrovassi quel filo di sana incoscienza che ti faceva andare sempre alla guerra, ti ricorderesti che per vincere, in battaglia, servono nobili intendimenti: scaricare le colpe su altri non ha nulla di nobile.
Tosco
Foto: Pietro Bertea