Lacrime e Sangue
“Dico al Parlamento come ho detto ai ministri di questo governo, che non ho nulla da offrire se non sangue, fatica, lacrime e sudore…”
Un quotidiano di Bologna qualche giorno fa, scriveva che “dalla riunione tra Thiago Motta e Saputo è stata anche confermata la necessità di un mercato lacrime e sangue”, usando la retorica Churchilliana un tanto al chilo, così da “impressionare” il povero lettore ignaro che si tratta più o meno, di quanto fanno quasi tutte le squadre del mondo: vendere per tenere i conti in ordine.
Come al solito si vuole spaventare il tifoso, così da tenere alto il livello di tensione attorno a questa proprietà, evidentemente poco attraente alla gran parte della nomenclatura giornalistica cittadina.
Non viene specificato nell’articolo, che spesso si chiede anche ai dirigenti non solo di fare plusvalenze ma anche di abbassare il monte ingaggi; il calcio ha dei costi ormai insostenibili, le proprietà che “cacciano i soldi” non ci sono più, tutte devono fare di conto e allora, per le società è necessario tenere i conti in regola.
È un gioco al massacro contro tutte le proprietà, utile solo per biechi ritorni personali di audience: lisciare il pelo alla minoranza rumorosa, fare del populismo spiccio, fingersi esperti in tutto – dai bilanci fino agli schemi – ergersi a portatori del pensiero del “popolo rossoblu”, nel caso bolognese, evidentemente ha un sicuro tornaconto editoriale.
Lacrime e sangue viene più o meno scritto e sentito ogni anno a fine campionato: si disegnano scenari apocalittici con Saputo che vuole vendere anche le sedie di Casteldebole; poi, la stagione successiva, il Bologna fa il suo campionato di Serie A, senza grossi patemi (a parte una stagione), creando qualche plusvalenze (utile per i tenere i conti in ordine), attraendo un certo numero crescente di tifosi, generando comunque interesse, nonostante le cassandre del “lacrime e sangue”.
Churchill lasciamolo a periodi storici più consoni, quando semmai, a Bologna, si cagavano veramente lamette: qui, il sangue, esce dagli occhi e dalle orecchie ogni benedetto fine campionato leggendo e ascoltando sempre e solo storie da tragedia imminente.
Poi succederà, certo succederà, che prima o dopo il Bologna incapperà in un anno complicato, fa parte della storia di tutte, dico tutte, le squadre del mondo; e loro, loro, diranno che ci avevano avvisato, che ci avevano visto lungo.
Lungo eh! ma molto lungo: sono otto anni che ci prospettano il futuro più nero, ma di cavallette all’orizzonte, per adesso, ancora niente.
Tosco