Gara complicatissima da analizzare, vuoi per la supremazia fisica e tecnica dell’Atalanta, vuoi per le precarie condizioni atletiche dei rossoblu che ne amplificano le difficoltà: tra titolari spremuti e alcuni rientri anticipati per necessità, in campo la superiorità degli avversari ad un certo punto sembrava incolmabile.
E allora ci sono volute alcune intuizioni dello staff tecnico unitamente ad una reazione di puro cuore e attributi, per raddrizzare una partita ampiamente compromessa.
L’inizio è stato anche incoraggiante, con i rossoblu discretamente abili nel palleggio e capaci di portare una buona pressione a tutto campo, fino all’errore maldestro di Schouten che nel tentativo di contrastare in area Ilicic procura un rigore evitabilissimo, quando questi era già chiuso da Medel.
Trasformazione del penalty che poteva aprire la strada a quella che sembrava una passeggiata per i bergamaschi.
Il raddoppio ancora di Muriel nasce da una pressione altissima vanificata dall’ uscita palla al piede degli avversari, abili poi a ribaltare l’azione: il rinvio errato di Dijks è solo il finale di una serie di errori che partono molto più a monte, ma l’idea di calcio dei rossoblu è questa, prendere o lasciare.
Il doppio vantaggio con successivo possesso palla continuo degli uomini di Gasperini avrebbero tramortito una squadra priva di cuore e che non avesse più feeling con il mister, ma di attributi questa squadra ne ha in abbondanza, così come una guida tecnica in pieno controllo della situazione.
L’inserimento di tre giocatori veri dalla panchina cambiano il copione finale: Dominguez trova immediatamente la posizione giusta con conseguente praticità nel palleggio basso, Svamberg conferisce quella qualità in mediana con i soliti strappi e Orsolini credo abbia fatto capire anche ai suoi più tenaci oppositori la differenza tra un calciatore vero e altri in costruzione.
La parte centrale della ripresa, ha prodotto quella mutazione genetica di una squadra che non riusciva più a ripartire in un’altra che si è messa a ribattere colpo su colpo, facendo correre all’indietro gli avversari, i quali non amano per filosofia il doversi difendere.
Lo switch tattico si può sintetizzare così e ad un certo punto il Bologna ha obbligato gli avversari a fare la partita che non volevano, incartandosi nel palleggio, perdendo riferimenti in ripiegamento difensivo e conseguente sicurezza: gli orobici in difficoltà sono tanto clamorosi come quando sono in fiducia, non amano le vie di mezzo.
In uno scorcio di partita il Bologna riesce a mettere insieme un tiro alto di Barrow dalla sua mattonella, un tiro di Svamberg parato in due tempi da Gollini, il gol di Tomiyasu, un colpo di testa di Orsolini a porta spalancata ribattuto da Gosens, il gol di Paz e il contropiede finale con Soriano che invece di tentare il tocco sottorete gira attorno al portiere tentando un cross: tutto questo contro degli avversari che solitamente concedono molto meno; le lamentele di Gasperini a fine gara sono a dimostrazione di quanto la sua presunzione sia adatta per allenare solo delle provinciali: l’esistenza degli avversari lo infastidisce, ma a calcio ci sono anche gli altri!
Come un pugile più volte contato, il Bologna si è rialzato, si è messo all’angolo, ha resistito ai colpi dell’avversario, ha tirato il fiato e ai punti ha meritato il pareggio finale: il concetto di resilienza tante volte evocato da Mihajlovic mai come in questo caso calza a pennello.
Resistere preparandosi a reagire è quanto fatto dai rossoblu ieri sera: un buon auspicio per il prosieguo del campionato.
Tosco
Foto: Iguana Press/Getty Images